Lunedì, 12 Maggio 2014 00:38

Come i cristiani pensano e vivono il matrimonio?

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Anche Punto Familia, come molte altre realtà ecclesiali, ha dato il suo contributo di opinione rispondendo alla richiesta della CEI in vista della doppia tornata del Sinodo sulla Famiglia, a ottobre 2014 e nel 2015. Qui di seguito padre Muraro, dopo una premessa storica ed esplicativa, presenta il Documento preparatorio e poi sintetizza le risposte inviate alla Diocesi, raggruppandole per argomenti e omettendo il questionario che constava di 38 domande.

È uscito in questi giorni il documento preparatorio al Sinodo 2014 sulla famiglia. I quotidiani ne hanno già parlato, al modo dei quotidiani, che spesso non

vanno alla sostanza ma evidenziano quegli argomenti che possono attirare maggiormente l’attenzione dei lettori. Infatti hanno riportato quasi esclusivamente l’ultima parte del documento, quello sul questionario, mettendo in evidenza le domande che oggi sono particolarmente oggetto di discussione e di polemiche: conviventi, divorziati, tribunali ecclesiastici, matrimoni gay, e problemi affini. Per capire il documento preparatorio al Sinodo occorre partire da un altro punto di vista, quello di coloro che hanno la responsabilità di tutta la comunità dei credenti. Non vogliono promuovere una indagine sociologica sulla famiglia a livello mondiale, e neppure agitare polemiche e discussioni, ma si chiedono come è possibile proporre ai fedeli “l’immutabile e sempre nuovo vangelo di Gesù Cristo” (Fam. Cons. n.4) sul matrimonio e sulla famiglia e aiutarli a viverlo. Perché? Perché sembra che i fedeli di Cristo, in questo tempo in cui tutto viene messo in discussione, siano disorientati e non abbiano più chiaro l’insegnamento di Dio sulla famiglia e soprattutto che non la vivano come Dio l’ha progettata. Sono ancora cristiani, cioè fedeli di Cristo o persone che ascoltano e vivono il matrimonio e la famiglia come insegnano gli uomini, in una babele di voci e di proposte che risultano diverse da quelle del Cristo? Come agire pastoralmente per riproporre il progetto di Dio in modo convincente e praticabile, e aiutare quelli che se ne discostano?

 

Dal Sinodo 1980 al Sinodo 2014

Sono passati 33 anni dal grande Sinodo del 1980 sulla famiglia, che si era proposto di individuare e di indicare “I compiti della famiglia cristiana nel mondo d’oggi,” e le cui conclusioni erano sfociate nell’Esortazione Apostolica “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II. In questo nuovo sinodo sulla famiglia l’attenzione non è rivolta a ciò che la famiglia deve fare nella Chiesa e nella società, ma è concentrata sulle difficoltà che i fedeli oggi incontrano nel vivere in modo cristiano questa esperienza. La domanda è rivolta a tutti i fedeli, non solo a quelli che si sono discostati dall’insegnamento del Magistero, ma anche a quelli che sono materialmente allineati con il Magistero e forse non hanno capito e non vivono la ricchezza di questa esperienza che Dio ha elevato alla dignità di sacramento. Ci sono di divorziati, i conviventi, i matrimoni gay, ma ci sono anche i cristiani che concepiscono e vivono il matrimonio con mentalità secolare, perdendo così tutta la ricchezza che Dio ha infuso in questa fondamentale esperienza umana. Per questo quando si parla di disorientamento, questo termine deve essere applicato non solo a quelli che si discostano dal pensiero del Magistero, ma riguarda anche quei cristiani che non hanno consapevolezza del dono ricevuto e si comportano come chi ha ricevuto un talento e non lo fa fruttificare. Il questionario non si limita al fatto conoscitivo, ma chiede ai suoi fedeli di fare proposte perché il vangelo della famiglia possa essere annunciato e diffuso in modo comprensibile e praticabile.

Analisi del testo

Il testo è breve. Sette pagine in cui si ricordano in modo sintetico il pensiero del Dio Creatore e Redentore sulla famiglia, l’insegnamento della Chiesa, e poi si formulano nove serie di domande. Ed è proprio leggendo con attenzione queste domande che pensiamo di capire l’intento degli estensori del documento. Sembra che ogni serie di domande presenti cinque interrogativi: tre a livello conoscitivo e precisamente: come i fedeli pensano e vivono il matrimonio? perché alcuni (o molti) disattendono l’insegnamento del Magistero? quali sono i motivi che rendono difficile l’accoglienza dell’insegnamento del Magistero?; e due a livello operativo: cosa sta facendo tutta la Chiesa per annunciare in modo conveniente il vangelo della famiglia?, cosa sta facendo e cosa potrà ancora fare per viverlo in modo pieno e per aiutare quelli che si sono discostati da questo insegnamento?. Mi sembrano importanti tre osservazioni su alcune di queste domande. È forse la prima volta che viene rivolta ai fedeli una domanda sulla legge naturale (seconda serie di domande), se cioè credono che Dio abbia iscritto nella natura dell’uomo delle precise indicazioni sul modo di vivere tutta la vita e in particolare il matrimonio e la famiglia, oppure se tutto è lasciato alla libera determinazione dell’uomo. La domanda è importante perché permette di stabilire la validità della distinzione tra elementi essenziali e immutabili del matrimonio e modalità storiche che il matrimonio può assumere nel diversi tempi e nelle diverse culture, oppure se dobbiamo affermare che il matrimonio è un fatto tutto culturale e quindi tutto mutabile con il mutare del contesto socioculturale. Una seconda osservazione nasce dall’ottava serie di domande, brevissime e che possono essere ulteriormente riassunte in questi termini: l’uomo e la donna trovano la loro realizzazione nel matrimonio cercando di mettersi reciprocamente l’uno al servizio dell’altro, oppure trovano la loro realizzazione costruendo insieme all’altro – con fatica, rinunce e gratuità - una serie di beni (il bene comune familiare) che permette a tutti di crescere, e che è la condizione per donarsi reciprocamente? È una domanda importante, perché permette di capire e precisare la relazione e la armonizzazione tra istituzione e esigenze personali nel matrimonio e nella famiglia. Una terza osservazione riguarda invece il modo di relazionarsi con l’uomo e di valutare i suoi comportamenti. È il modo che è ispirato a quello che sembra un tratto caratteristico di Papa Francesco quando affronta i problemi dell’uomo: non mette l’uomo al cospetto della legge per vedere se la rispetta o la disattende, e di conseguenza se è punibile o meno: ma pone l’uomo con la sua fragilità di fronte alla problema della sua salvezza e si chiede cosa è possibile fare per aiutarlo a inserirsi in questo flusso di salvezza. È la differenza che riscontriamo tra l’atteggiamento del fratello del figliuol prodigo che valuta il fratello con le categorie della giustizia, e l’atteggiamento del padre misericordioso che accoglie il figlio che chiede di ritornare e lo riammette nella casa. È il grande problema della armonizzazione della giustizia con la misericordia, ma con la convinzione che la misericordia – rettamente intesa – deve prevalere sempre sulla giustizia. Non in nome di un pacioso buonismo, ma in nome di un realismo che prende in considerazione il principio che l’uomo è fragile, ma è anche più grande dei suoi errori. In una parola: il documento non è lo strumento per riportare ordine nel popolo di Dio, ma per salvarlo.

Letto 58011 volte Ultima modifica il Lunedì, 12 Maggio 2014 01:48

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