Mercoledì, 10 Settembre 2014 11:54

L'anima del Punto Familia

Scritto da Giordano Muraro
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Pensare per agire

Padre Muraro conclude qui la storia del Punto Familia risalendo ai ‘perché’ che l’hanno generato.

Prudenza vuole che il pensiero preceda sempre l’azione.
Detto in modo ancor più semplice: prima di agire bisogna avere le idee chiare su quello che si vuole fare. E si hanno le idee chiare quando si riesce a rispondere a tre domande: cosa vogliamo fare, perché vogliamo farlo, come intendiamo farlo (con quali strumenti, organizzazione, persone).

Ce lo siamo chiesti quando è nata in noi l’idea di costruire il Punto Familia. Ecco in sintesi le domande e le risposte che ci siamo dati.

 

Cosa intendiamo fare? Un servizio alla famiglia.
Perché? Perché è un’esperienza fondamentale per la vita della persona e della società, e oggi è in crisi.
Come realizzare questo aiuto? Ripensando la famiglia nel contesto attuale, alla luce della duplice parola di Dio, quella scritta nella natura dell’uomo e quella rivelata.

1. Perché dedicarci alla famiglia?
1) La famiglia è l’esperienza che genera l’amore esclusivo e totalizzante.

Ci sono tanti problemi che assillano l’uomo e la società e che attendono una risposta. Il lavoro, i giovani, la politica, la cultura, la religione, la sanità, l’educazione, l’economia, lo sport, ecc. Perché la scelta della famiglia? Il
primo motivo è stata la consapevolezza dell’importanza della famiglia nella vita della persona e della società.
Non è un optional, ma una esperienza fondamentale. L’uomo nasce in una famiglia, diventa persona umana crescendo in una famiglia, e – diventato adulto – tende a sua volta a formare una famiglia.

Perché questa esigenza di famiglia? Perché nella famiglia e in nessun altro luogo trova l’energia fondamentale per vivere e crescere come persona. Qual è questa energia fondamentale? La risposta che cercheremo di dare può lasciare freddi e indifferenti. Molti pensano che sia il lavoro e si preparano con lo studio e un tirocinio ad un lavoro qualificato, perché quando si ha un lavoro “si è a posto” e si guarda al presente e al futuro con serenità.

Altri pensano che sia la salute, la politica, la cultura, la religione, un posto nella società… e si danno da fare per acquisire queste cose.

È vero, tutte le cose elencate ed altre ancora sono necessarie per vivere; ma troppi dimenticano che l’energia fondamentale, quella che è alla base di tutte le altre è l’amore, e non qualunque amore, ma l’amore esclusivo e totalizzante. 

Per rendercene conto basta pensare a quello che avviene quando una persona si impegna in qualcosa e lo fa per ruolo, per soldi, per interesse…e quando si impegna invece per amore.
L’amore è la motivazione più perfetta dell’azione, moltiplica le energie, fa superare ogni difficoltà, non si arrende mai, tira fuori l’impossibile. Tutto ha un limite, solo l’amore non ha limiti.

Ricordiamo l’inno alla carità di san Paolo: tutto crede, tutto spera. tutto osa, tutto dà, tutto sopporta…Non c’è energia paragonabile all’amore.

Eppure l’amore non viene mai elencato tra gli ingredienti indispensabili per vivere e svilupparsi nella vita. Viene considerato una esperienza che rende la vita più gradevole, una ventata di primavera, ma non una energia indispensabile per vivere e per sviluppare la vita della persona e della società.
Si pensa che le realtà assolutamente indispensabili siano mangiare, bere, riposare, abitare, lavorare, esercitare i molti diritti che si hanno, e che si possa vivere anche senza amore. Questa convinzione viene confermata dal fatto
che vivono intorno a noi persone che non amano, non sanno amare e non sono amate; eppure vivono e si affermano nella vita. Ed è vero. Ma non sono umane e nessuno le rimpiange.Si dice che la razionalità distingue l’uomo
da tutti gli altri esseri; ma proprio la razionalità scopre che non si è e non si cresce come persone umane senza amore. Chi non ama è nella morte, dice san Giovanni. Perché? Anche in questo caso la risposta può lasciare interdetti.
Lo diciamo prima con una grande affermazione e poi cerchiamo di dimostrarlo. Ecco l’affermazione: perché la nostra natura è amore.
Facciamo fatica a pensare che l’amore prima di essere una esperienza è la sostanza del nostro essere e della nostra vita. Capiamo facilmente l’amore quando si traduce in azioni; non riusciamo con altrettanta facilità a pensare l’amore come sostanza. San Giovanni dice che Dio è amore. Ama perché è amore, come il sole illumina perché è luce. E noi che siamo una scintilla della sua vita portiamo nel nostro essere le sue stesse caratteristiche. 

Siamo amore. Per cui la nostra vocazione essenziale è quella di vivere l’amore, creare amore, espandere amore. Il successo o il fallimento della vita dell’uomo si misura sull’amore.
Dove riceviamo questo amore?
Esattamente dove riceviamo il nostro essere. Nasciamo non da due persone qualunque, ma da un papà e una mamma, cioè da due persone che si amano e che mossi dall’amore generano il figlio. Il figlio è l’amato, e il suo
DNA è “amore”. Se siamo amore, l’atto della nostra generazione e della nostra crescita è l’amore. Non c’è altro motivo per generare e sviluppare la vita della persona. L’uomo per crescere come uomo ha bisogno anche di giustizia e crea la società che gli garantisce il rispetto dei suoi diritti e a sua volta gli chiede che onori i suoi doveri; ma ha bisogno soprattutto di amore, e la società non è attrezzata per generare amore. Per questo l’uomo crea la famiglia, cioè una comunità che è animata non da diritti e doveri, ma dalla presa in carico totale della persona:una totalità che è intensiva (amo tutta la persona con tutto me stesso) e estensiva (per sempre).
Ecco il primo motivo che ci ha spinti a interessarci della famiglia: la famiglia produce l’energia più essenziale per la vita della persona, l’amore esclusivo e totalizzante.

2) La famiglia rivela Dio.

Ma c’è un altro motivo, e lo abbiamo appreso da Dio. Quando Dio ha voluto farci capire cosa è e cosa prova per noi, si è servito di molte immagini (sono il buon pastore, sono la vite, la luce, il giudice…), ma ha privilegiato
le esperienze tratte dalla famiglia. Ha detto che è come lo sposo, il fidanzato, come il padre, la madre. Per capire Dio dobbiamo rifarci alle esperienze di amore quali si realizzano nel mondo della famiglia. Così la famiglia diventa
l’esperienza che rivela Dio. Guardando la famiglia e le diverse relazioni che si sviluppano nella famiglia, noi capiamo Dio. Ecco il secondo motivo che rende la famiglia importante: non solo crea l’amore, cioè l’energia che forma
la persona e la società, ma rivela Dio.

Ancora: non solo rivela Dio, ma riflette e fa vivere in terra l’amore stesso di Dio: Dio si serve dell’amore del padre, della madre, dello sposo, del fidanzato per far passare il suo amore nelle sue creature. Il che significa che l’amore della famiglia non si limita ad essere una causa esemplare dell’amore di Dio, ma è una causa efficiente. Diventa sacramento dell’amore di Dio per gli uomini. Questa capacità di esprimere e di causare l’amore di Dio tra gli uomini non è presente in nessun’altra esperienza umana:la ritroviamo solo nella famiglia.

In sintesi: promuovendo la famiglia si promuove il luogo dove nasce e vive l’amore, e si promuove l’esperienza che manifesta Dio e a incarna l’amore di Dio per gli uomini. È questo il motivo che ci ha mossi a interessarci della
famiglia e a impegnare le nostre forze verso la famiglia.

2. La famiglia è in crisi.

1) Cause antiche e nuove.

Sappiamo molto bene che la descrizione che abbiamo fatto della famiglia e l’apprezzamento che abbiamo manifestato nei suoi confronti non trova un facile riscontro nella realtà.
Basta leggere la cronaca quotidiana e pensare all’invito che la Chiesa ha rivolto in questi mesi a tutti i fedeli per riflettere sulle difficoltà che la famiglia oggi incontra nel suo nascere, nel suo crescere, nel suo durare, nel suo pieno realizzarsi. La famiglia è in crisi. Non si tratta solo della crisi nellafamiglia, come avveniva nel passato, ma di crisi della famiglia. Molti si chiedono se la famiglia debba esistere o se debba essere sostituita da altre forme di relazione tra uomo e donna, genitori e figli, figli e genitori. Le cause di questa crisi sono molte e si diversificano nel tempo. Per questo quando si vuole creare un aiuto alla famiglia diventa indispensabile conoscere le cause interne ed esterne che rendono difficile e talora fanno fallire il rapporto uomo-donna, genitori-figli, famiglia d’origine e famiglia nuova, famiglia e società. 

Ancora. Non basta constatare che è in crisi ed essere animati dal desiderio di volerla aiutare. Per offrire un aiuto reale è necessario lavorare in due direzioni:la conoscenza delle cause che producono la crisi, e la preparazione di operatori che siano in grado di affiancarsi a chi vuole fare famiglia e alle famiglie per sostenerle nelle difficoltà che incontrano nel loro cammino. Questo lavoro deve essere costante nel tempo, perché oggi la cause che rendono difficile fare coppia e famiglia sono in continua e rapida evoluzione, e rendono necessaria una continua riflessione sulle cause antiche e nuove che mettono in crisi la famiglia. Ecco perché non sono sufficienti interventi episodici, occasionali, ma una istituzionefatta di persone che si impegnano a mettere le loro energie e le loro competenze a servizio delle persone che intendono dare vita a questa esperienza impegnativa, coinvolgente e oggi ricca di incognite. 

2) Le diverse fasi dell’aiuto.

In cosa consiste questo aiuto? In tre fasi: l’educazione della persona all’amore, il sostegno nell’impresa di vivere l’amore per tutta la vita, e l’intervento terapeutico quando l’amore è in crisi o malato.

Da notare. Prima ancora di pensare di aiutare la coppia e la famiglia quando è in difficoltà, è indispensabile educare le persone ad amare.Vale sempre il principio che è meglio prevenire che curare, anche se l’esperienza
dimostra che entrambi questi interventi sono necessari. Perché? Perché l’uomo è amore, è nato per amare, la sua vita è amore. Ma trova non poche difficoltà dentro di sé e fuori di sé per realizzare una vita di amore. L’uomo nasce capace di amore, ma l’amore non fiorisce dalla sua persona in modo spontaneo e istintivo, ma fruttifica quando la persona si è allenata a incarnare la sua capacità radicale di amare in gesti di amore.
Tutto nell’uomo è nello stato potenziale. Per passare dalla potenza all’atto deve educarsi, cioè creare in sé le qualità che lo rendono capace di esprimere in modo costante e in ogni circostanza atti e comportamenti di amore. È un discorso che gli uomini non accettano volentieri.Sono convinti che l’amore sia un atteggiamento che nasce spontaneamente e si esprime con altrettanta spontaneità; e faticano a capire che invece l’amore deve essere preparato, sostenuto, protetto, curato.Un tesoro in un vaso fragile, direbbe san Paolo. O se vogliamo usare un’altra immagine: uno strumento musicale straordinario, ma che suppone una persona che si è educata a suonarlo.

Non basta avere uno Stradivari per suonarlo; ma è necessario allenarsi per anni, per giungere ad avere il tocco che permette di trarre suoni armoniosi.

3) La famiglia prima palestra dell’educazione all’amore.
Qual è la palestra in cui la persona si allena ad amare? È la famiglia, attraverso le diverse dinamiche che in essa si realizzano. Nel passato si dava per scontato che la famiglia fosse in grado di educare le persone anche all’amore coniugale e familiare, perché l’educazione avveniva per trasmissione di modelli di vita. Oggi la famiglia si trova in difficoltà nello svolgere questo compito, perché la persona viene raggiunta da messaggi educativi diversi e talora contraddittori. Per questo ha bisogno di essere aiutata e sostenuta da altre agenzie educative appositamente create. I percorsi di preparazione alla vita di coppia e di famiglia, come i gruppi di revisione della vita di coppia e di famiglia, i laboratori per separati, un tempo non esistevano e forse non se ne sentiva il bisogno. Oggi sono diventati un servizio utile se non proprio indispensabile.L’individualismo, la vita auto- centrata, l’esasperato desiderio di affermazione della propria persona e del proprio benessere trovano nella società di oggi una enorme cassa di risonanza che copre e soffoca la voce che emerge dalla famiglia. Basta vedere i risultati dell’inchiesta promossa nel Popolo di Dio in questi ultimi mesi, e raccolti nell’Instrumentumpreparatorio al Sinodo straordinario che si svolgerà nel prossimo ottobre. Per questo la famiglia non perde la sua efficacia educativa all’amore coniugale e familiare, ma ha bisogno di essere sostenuta e aiutata in questa sua opera. 

3. Come intervenire sulla famiglia?

1) Il modello e la realtà
Creando dei servizi appositi. Un servizio è un locale, delle persone convenientemente preparate per svolgere quel servizio, ma soprattutto delle idee che esprimono la vita da trasmettere. Si parte da quello che la persona è, si esaminano le energie e la capacità di cui dispone, e si fa un cammino di crescita, proporzionato alla realtà della persona.
Ma non si può prescindere da un modello di coppia e di famiglia che corrisponda alla natura della persona che è amore.Ci rendiamo conto che a questo punto il discorso diventa estremamente delicato. Non è facile trovare la giusta posizione che permette di evitare le forzature che nascono da un indottrinamento ideologico o da una tendenza soggettiva che porta all’anarchia affettiva. Qual è il modello di amore che deve essere proposto? Oggi le proposte sono molte e addirittura contraddittorie. In base a quali criteri possiamo formulare una valutazione e operare una scelta? La risposta può essere semplice.
Riflettendo sulle esigenze di vita che nascono dall’uomo, e cercando di capire qual è la risposta vera a queste esigenze. L’esperienza dimostra che non tutti gli amori soddisfano l’esigenza di avere “un aiuto simile a sé” che riesca a “far uscire la persona dalla solitudine”, cioè dall’insufficienza a vivere da sola. Ecco allora la domanda: Qual è l’amore che garantisce all’uomo, alla donna e ai figli una vita di crescita permanente in umanità? Non è forse l’amore “esclusivo e totalizzante”, cioè l’amore che prende in carico tutta la vita dell’uomo, per sempre?

È vero che questo amore non nasce e non cresce spontaneamente, ma suppone una persona che si è preparata ad amare e che continua a creare in sé le disposizioni e le qualità necessarie per amare. È il discorso che facevamo
sopra. Tra il desiderio di amore e la realizzazione di questo desiderio media l’educazione della persona ad amare. È questo il motivo per cui l’aiuto reale alla famiglia deve essere affidato non a interventi episodici, ma a una istituzione che garantisca la sua presenza nella vita della persone, nei diversi tempi e nelle diverse situazioni di vita 

2) La stella polare e i passi dell’uomo.
Questo non significa che l’aiuto non debba essere misurato sulla situazione concreta delle persone. Vale anche in questo caso il principio espresso nella legge della gradualità (ben diverso dalla gradualità della legge), che possiamo racchiudere in quell’immagine 

che nel passato si portava: la stella polare è alta nel cielo, ma guida i passi dell’uomo sulla terra. La stella polare è la guida, ma il cammino dell’uomo può essere estremamente diversificato nella concretezza dei suoi passi, purché
vada sempre nella direzione indicata dalla stella polare. L’uomo e la donna devono sapere che qualunque sia la situazione che stanno vivendo, anche quella più disastrosa del fallimento dell’amore, devono ricostruire la loro vita tendendo ad un amore esclusivo e totalizzante, perché solo questo amore risolve radicalmente il bisogno viscerale di “uscire dalla solitudine”. Lo dice la ragione quando riflette sull’uomo, e lo conferma Dio quando rivela l’uomo all’uomo. Ogni proposta che si discosta da questa direzione può risolvere l’emergenza, ma non riesce a rispondere al bisogno profondo di uscire dalla solitudine. Per questo l’aiuto che in molti casi si presta alla coppia e alla famiglia deve essere esaminato in un confronto interdisciplinare che permetta agli operatori di giudicare in modo critico le stesse proposte di aiuto e di intervenire con azioni che offrono la garanzia che l’intervento proposto sia quello che veramente aiuta la persona a ritrovare la direzione della propria vita. Non è facile trovare il giusto mezzo tra la proposta dell’optimum che stronca, e il rimedio che toglie il dolore sul momento ma non risana la ferita.

c) Psicologia e morale nella soluzione dei problemi.
Qui entra in gioco il problema del rapporto dell’aspetto morale con l’aspetto psicologico e fisiologico della persona. 

La persona non è un insieme di parti che stanno tra di loro come compartimenti stagni. L’uomo è uno, e la soluzione dei suoi problemi deve tenere conto di questa unità. Non si può trovare una soluzione psicologica che non sia in armonia con quella morale, o un intervento fisiologico che non tenga conto degli aspetti psicologici e morali della persona. 

Ma sappiamo anche per esperienza quanto spesso sia difficile trovare una soluzione che rispetti le esigenze morali con quelle psicologiche. Qualche volta si può giungere a pensare che per risolvere il problema si debba sacrificare
l’uno o l’altro aspetto, perché non è possibile rispettarli entrambi e armonizzarli.

A questo proposito ci limitiamo a ricordare alcuni principi che possono essere di aiuto nella ricerca della soluzione. La vita della persona è guidata dai principi morali. Ma i principi morali non sono mannaie che calano materialmente sulla realtà, ma sono l’espressione di valori che attendono di essere “applicati” (ecco il termine chiave della vita morale) nella vita e nelle situazioni concrete e particolari della persona: come la stella polare che guida i passi
dell’uomo nel cammino estremamente diversificato degli uomini. Nella applicazione dei valori alla vita concreta dobbiamo tenere presenti le circostanze nelle quali la persona vive. Sono di due tipi: quelle culturali nelle quali la
persona nasce e si sviluppa e che diventano parte vissuta del suo pensare e del suo valutare; e quelle personali che sono date dalla sua biografia personale e che entrano anch’esse a formare il modo di pensare e valutare.
Per esempio: cosa significa “applicare” il valore dell’amore esclusivo e totalizzante ad una persona che vive in una cultura dominata della precarietà e dalla forte tendenza all’individualismo? o ad una persona che è stata abbandonata dal coniuge e sente forte in sé il bisogno naturale di uscire dalla solitudine, creando una relazione di vita con un’altra persona? Come conciliare le parole del “non è bene che l’uomo sia solo” con l’insegnamento di Gesù: “non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”? C’è un problema che nasce nell’immediato per “questa” persona; ma c’è anche un problema più vasto che coinvolge il discorso della consapevolezza e della preparazione delle persone all’impegno di vita che si assumono nella promessa di matrimonio, e - per il cristiano - della corrispondenza alla grazia che ha ricevuto nel sacramento del matrimonio.

Qui ci fermiamo perché ci rendiamo conto che il discorso che abbiamo aperto richiederebbe altre pagine di esposizione e di commento che non rientrano nell’obiettivo del racconto di questi cinquant’anni di vita del Punto Familia.

Letto 171357 volte Ultima modifica il Mercoledì, 10 Settembre 2014 12:24

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