Venerdì, 03 Maggio 2013 01:58

LA NOSTRA STORIA - C’era una volta… e c’è ancora

Scritto da p. Giordano Muraro o.p.
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Sappiamo in partenza che non è possibile ricostruire tutte le idee e ricordare tutte le opere a cui il nostro Punto Familia ha dato vita in cinquant’anni, e ancor meno tutte le persone (esperti, volontari) che le hanno animate, né i singoli, le coppie e le famiglie che sono passate per questa istituzione per la loro formazione e crescita. Questa riflessione vuole semplicemente ricordare quello che un gruppo di persone ha voluto fare in questi lunghi anni di servizio appassionato
alla famiglia, perché questo ricordo possa indurre anche altri a ricalcare le loro orme con la stessa passione

 

C’era una volta…
No, questo è il modo di iniziare le favole. Quello che raccontiamo non è una favola, ma è la storia di una realtà nata cinquant’anni fa ed ancora piena di vita, la storia del Punto Familia. Per questo l’inizio deve essere più serio e solenne.

Correva l’anno 1963. Un anno pieno di avvenimenti. In campo ecclesiale si svolgeva la seconda fase del Concilio Vaticano II, un evento che avrebbe segnato la vita della Chiesa per tutti gli anni successivi. Muore Giovanni XXIII e gli succede Paolo VI. In campo civile gli Stati Uniti dichiarano incostituzionale la segregazione razziale, in Texas viene ucciso il Presidente Kennedy. E a Torino nasce il Punto Familia. Le cronologie del tempo non lo ricordano, anche se il quotidiano La Stampa ne segnala la nascita con un trafiletto. Poi tanto La Stampa, quanto altri giornali e riviste si accorgeranno dell’importanza di questa istituzione, e varie volte ne segnaleranno l’esistenza e le iniziative.
Tutto incomincia sempre da una culla. La culla del Punto Familia era costituita da tre stanzette in un pensionato femminile tenuto dalle Suore del Famulato Cristiano nel centro storico di Torino, in via del Carmine. Come inizio andava bene, perché la sua attività era rivolta a signorine di buona famiglia, accolte da Suor Germana. E i “signorini”? Semplicemente non c’erano. Oggi è incomprensibile, ma la mentalità del tempo, decisamente maschilista, dava per scontato che i ragazzi non ne avessero bisogno, mentre erano le ragazze che dovevano essere preparate al grande evento del matrimonio. Senza contare che il corso oltre agli incontri di medicina, psicologia, morale, diritto offriva materie che erano ritenute assolutamente improponibili ai maschi, quali le lezioni di cucina (tenute sempre da suor Germana), di stiro/smacchia/lavatura, cucito, organizzazione della casa… cose che erano di stretta competenza femminile. Ma ci volle poco a superare questo tabù e a invitare anche i ragazzi. Il corso doveva essere frequentato dalla coppia, perchè si spiegava che eccetto alcuni fatti, quali la gravidanza, il parto e l’allattamento, tutto il resto (nozioni e prassi) doveva essere interscambiabile, cioè di competenza della coppia e non della sola donna. Si andò oltre: si chiese ai genitori dei fidanzati di partecipare ad alcuni incontri per essere anch’essi coinvolti nell’evento del matrimonio dei loro figli.

L’organizzazione

All’inizio non si chiamava ancora Punto Familia, ma Centro di Preparazione alla Vita di Famiglia (CPF), e il logo era una margherita con due anelli uniti dal gambo. Non c’erano statuti e programmi definiti. C’erano idee e persone che lavoravano insieme, convinte che sarebbe stata la realtà a suggerire i contenuti e le modalità degli interventi. Gli organizzatori erano un gruppo di professionisti che insieme a suor Germana e a padre Muraro programmavano e realizzavano tutte le iniziative. In quel tempo era una novità, perché nei nostri ambienti la preparazione al matrimonio sembrava appartenere principalmente (se non esclusivamente) al sacerdote, data la natura sacramentale di questo evento e non si vedeva la necessità di introdurre dei laici professionisti. In qualche raro caso appariva la figura del medico, per il discorso sui metodi naturali (a quei tempi il solo Ogino-Knaus). Al nostro Centro invece i professionisti erano la grande maggioranza. Non era senza importanza il fatto che nell’ottobre dell’anno precedente fosse iniziato il Concilio Vaticano II, e che incominciasse a circolare l’idea che anche i laici potevano essere “maestri”, specialmente in un ambito come il matrimonio che comprendeva non solo l’aspetto sacramentale, ma anche l’aspetto umano (il matrimonio è anche opera della creazione), e sotto questo aspetto i maestri più appropriati erano proprio i laici sposati che testimoniavano con la vita ed esponevano con competenza professionale i valori racchiusi nell’esperienza della vita di coppia e di famiglia.

Le prime opere

La prima attività è stata il Corso di preparazione alla vita di coppia e di famiglia. Agli inizi degli anni ’60 incominciavano a nascere timidamente nelle parrocchie le “tresere” che sembravano sufficienti per preparare i fidanzati a questo grande passo. In realtà tre sere erano poche, anche se erano già una novità, perché la generazione precedente si preparava al matrimonio in famiglia, replicando nella propria vita il modello che aveva vissuto tra le pareti domestiche. Ora questo non era più possibile, perché la contestazione stava mettendo in discussione ogni realtà del passato. Il femminismo, i movimenti studenteschi, la rivoluzione sessuale, l’affermazione dei diritti dell’individuo nella famiglia mettevano in discussione tutto e tutti, anche la famiglia. Riguardo alla famiglia la contestazione era radicale. Si passava dalla crisi in famiglia alla crisi della famiglia. Si parlava di famiglia sul viale del tramonto. David Cooper scriveva il suo libro/manifesto: “Morte della famiglia” (tradotto subito da Einaudi) e Savelli editore con la sua opera di controcultura pubblicava una brochure intitolata: “Contro la famiglia. Manuale di autodifesa dei minorenni contro la famiglia”, con la quale si invitavano i giovani a distruggere la propria famiglia e a vivere “in strada”. Ma forse la contestazione più radicale era stata scritta sui muri dell’università di Milano: “voglio essere orfano”. Alla famiglia tradizionale venivano suggerite forme alternative come le comuni familiari, i kibbutzim, le comuni cinesi.
Quando il Centro è nato, questa cultura esasperata non si era ancora affermata, ma se ne sentivano le avvisaglie. Non si era ancora giunti a contestare la stessa esistenza della famiglia, ma si contestava il modo di fare famiglia. Non si voleva più la famiglia come era stata vissuta fino ad allora, e si auspicava una famiglia nuova. Ma nessuno sapeva ancora cosa fosse questa famiglia nuova. È sempre facile contestare l’esistente, ma non è altrettanto facile capire con cosa sostituirlo. I giovani erano disorientati. Non era pensabile proporre un modello precostituito, in sostituzione del precedente.
Era più ragionevole affiancarsi ai giovani e aiutarli a pensare cos’è matrimonio e famiglia per inventare un modo di viverli proporzionato alle attese del loro amore che nonostante tutte le contestazioni voleva essere “per sempre”. Per questo non era pensabile svolgere questo lavoro in poche sere, con persone che avrebbero riproposto il modello antico. Era necessario un percorso di riflessione prolungato, in cui si affrontavano i diversi e complessi aspetti della vita di coppia e di famiglia sotto il profilo medico, psicologico, giuridico, sociale, morale, religioso e anche pratico (cucina, cucito, bricolage, ikebana, arredamento), tenuto da persone che alla competenza professionale unissero la testimonianza di una seria vita matrimoniale e familiare e sapessero parlare ai giovani, offrendo anche la possibilità di colloqui individuali e di coppia. Non solo, ma si vedeva la necessità che alcune persone seguissero i giovani per tutto il corso, anzi che fossero disponibili ad accoglierli non solo nel tempo degli incontri, ma in ogni ora del giorno. La sede doveva essere aperta tutto il giorno e non solo nelle ore degli incontri.
In concreto: il percorso durava quattro mesi, con tre sere alla settimana più una domenica. Quando ne avevamo parlato a Don Liggeri - che in Italia era stato il primo a creare un centro di formazione e aiuto per la coppia e la famiglia – aveva sorriso piuttosto scettico: “Chi accetterà di fare un percorso così lungo e impegnativo?”. Don Liggeri proponeva un corso di dodici incontri. Sembravano tanti. Il nostro ne proponeva il quadruplo. Troppo ambizioso? Chi lo avrebbe frequentato? Eppure noi ci credevamo e nel giro di pochi anni questo percorso si è affermato, al punto che per rispondere alla domanda si dovettero moltiplicare i corsi e uscire dalla culla delle tre stanzette, in una casa nuova.
La trovammo nei locali sottostanti la Chiesa del Santo Sudario, contigua al pensionato. Pensò un giovane architetto a ristrutturare il locale (e le suore del Famulato ne sostennero le spese) e a rendere confortevoli e luminose con ceramiche di Vietri le solide e austere volte del ‘600. Non era solo una questione di spazio, ma uno degli interventi ispirati al principio che ha sempre guidato l’azione del Punto Familia: “il bene bisogna farlo bene”. Non basta fare il bene, ma è necessario proporlo in ambienti e condizioni che aiutino le persone ad accettare quanto viene loro offerto. Questo significava più cose. Anzitutto un locale dignitoso e accogliente (e non la solita stanzetta con panchette); dei programmi che corrispondessero realmente alle attese dei partecipanti (e non preconfezionati); e soprattutto dei docenti che alla serietà professionale e alla testimonianza di vita unissero la capacità di lavorare in équipe e di colloquiare con i giovani. Via Piave 14 divenne per 15 anni l’indirizzo della nuova sede. Una sede sempre aperta, dove suor Germana dedicava le sue giornate all’accoglienza e all’ascolto: una disponibilità che è stata una delle caratteristiche che hanno dato base e solidità a tutta la vita del Centro.

La diffusione

Fin dagli inizi il nostro Centro aveva fatto suo il principio che “il grano buono non deve essere accumulato nei granai, ma sparso ad alimentare il mondo” e si era preoccupato di creare iniziative che andassero al di là della sede e dilagassero per tutta Torino. Si iniziò con le “Conferenze cittadine” (divenute in seguito “Problemi aperti” per un pubblico più ristretto) dove si dibattevano temi suggeriti dalle trasformazioni socio-culturali della città e che ebbero subito una grande risonanza. Ne ricordiamo alcuni: Visita e certificato prematrimoniale - Per una famiglia senza pregiudizi - Famiglia nuova per una nuova generazione - Autorità e libertà nella famiglia moderna - Compito della famiglia e della scuola nell’educazione sessuale - Indissolubilità e divorzio - Diagnosi e terapia dei primi dissensi coniugali - Rapporti con la famiglia d’origine - Procreazione e aborto - I giovani cercano casa - Superata oggi la concezione della famiglia? - A cosa serve il papà? - La droga e i nostri figli - Famiglia e prostituzione.
In breve tempo il nostro Centro con la sua organizzazione e i suoi professionisti divenne oggetto di inviti da parte di associazioni, parrocchie, enti vari, non solo a Torino, ma anche da città del Piemonte e addirittura da varie parti di Italia. L’elenco sarebbe troppo lungo da ricordare. Accenno solo alcuni luoghi dove la nostra opera ha potuto trapiantarsi con continuità. In Torino: presso la parrocchia Madonna delle Rose, al Circolo Quattro Mori, al Centro Giovanile. Fuori Torino: a Chieri, Vercelli, Ivrea, Sassari, Trivero, Mestre. Eravamo presenti non solo in luoghi diversi, ma anche in varie organizzazioni. Tra queste il Gruppo permanente della pastorale prematrimoniale, l’unione Consultori italiani prematrimoniale e matrimoniali (UCIPEM); il Centro italiano di sessuologia, l’Ufficio nazionale famiglia della CEI, l’Ufficio famiglia diocesano, il Forum delle famiglie.

La risposta alle sfide

La struttura agile e la presenza di persone professionalmente preparate e convinte della necessità di dedicare tempo e intelligenza per la famiglia permetteva di adattare l’azione del nostro Centro alle diverse situazioni che man mano si creavano nella società. La famiglia sembrava una navicella in balìa di onde tempestose. La società intera chiedeva soluzioni nuove a problemi antichi e a problemi nati dai rapidi cambiamenti che si affermavano nella società: il femminismo, il lavoro della donna, la procreazione responsabile, la rivoluzione sessuale, la fedeltà e indissolubilità del rapporto, l’aborto, la riforma del diritto di famiglia, la proposta di forme alternative alla famiglia tradizionale. Come porsi di fronte a questi problemi, alcuni dei quali venivano proposti in modo aggressivo e violento? Si invocavano leggi favorevoli al divorzio, all’aborto, alla contraccezione, alle convivenze e - più sottilmente - una prassi più libera riguardo a tutto quanto riguardava la vita sessuale e la vita di relazione di coppia. Schierarsi a favore di queste correnti di pensiero? Contrastarle con altrettanta aggressività? Adeguarsi tacitamente? Per noi erano chiare e irrinunciabili le indicazioni date dal Creatore e dalla sana ragione, e si ritenne che il modo per sostenerle non fosse il ricorso alla legge, ma piuttosto l’opera di persuasione attraverso la formazione delle persone.

Separazione e divorzio

Si offrirono subito due occasioni, a cavallo dell’anno 1960/70: il problema della contraccezione come metodo per la procreazione responsabile (in occasione dell’enciclica “Humanae Vitae”, 1968), e il problema del divorzio con la legge del 1970 e il referendum abrogativo della legge (1974). Per quanto riguarda il divorzio, la CEI era intervenuta con una nota già nel 1969 e interverrà dieci anni più tardi nel 1979 con il documento: “Pastorale dei divorziati risposati e di chi vive in situazioni matrimoniali irregolari e difficili”. Noi pensavamo che la soluzione vera non fosse una legge che costringesse l’uomo e la donna a continuare a vivere un rapporto diventato distruttivo (d’altra parte anche la Chiesa ammetteva la separazione in casi particolari), ma neppure una legge che permettesse di sciogliere il rapporto quando era diventato insostenibile. È vero che non si può costringere le persone ad amare, ma non si può neppure pensare che il fallimento dell’amore non abbia ripercussioni devastanti nella vita dell’uomo, della donna, dei figli, della società intera. Se a quei tempi il divorzio veniva presentato come una conquista di civiltà, oggi dopo 40 anni si capisce quanto sia invece dannoso per tutte le persone che compongono la famiglia e per la stessa società che lo ha introdotto per legge. La storia dei padri separati, dei figli disturbati, dei coniugi precipitati nella disperazione dimostra ampiamente quanto siano inadeguate sia la legge sull’indissolubilità sia la legge del divorzio.
Tra la legge che impone l’indissolubilità e la legge che permette il divorzio c’è una terza via, ed è quella della preparazione delle persone alla vita matrimoniale e familiare. È la via che il Centro Preparazione Famiglia ha scelto e ha realizzato con i suoi percorsi di formazione, sia nel tempo precedente il matrimonio, sia nel tempo successivo con la formazione permanente nei gruppi, sia nel tempo della difficoltà e della crisi con varie attività legate al consultorio.
Però non si poteva restare indifferenti di fronte a quelli che avevano scelto come ultima sponda la separazione e il divorzio. Per questo si cominciò a pensare cosa si potesse fare per prestare un aiuto a queste persone. Prima di avviare qualunque intervento per i separati e i divorziati risposati il nostro Centro sentì il bisogno di capire chi fossero queste persone e quali fossero i loro reali bisogni, per evitare di cadere nell’errore di organizzare interventi che avessero per destinatari non i divorziati reali, ma l’idea che si aveva dei divorziati. In quel tempo era uno degli errori molto diffusi nei nostri ambienti: avere come destinatari non la realtà e le persone, ma l’idea che noi avevamo della realtà e delle persone, e così si lavorava a vuoto. Per questo si organizzò nel 1987 un seminario frequentato da operatori di pastorale familiare, religiosi, sacerdoti e persone in situazione per esaminare interviste fatte ai separati e ai divorziati risposati, e ai genitori dei figli divorziati per capire con l’aiuto di psicologi, giuristi, moralisti, sociologi quali fossero le loro condizioni, le loro attese, i loro bisogni e organizzare in seguito interventi che corrispondessero a questi loro bisogni. Ne nacquero due iniziative: il Punto d’ascolto sulla separazione e i Laboratori per separati.

Contraccezione e metodi naturali

Atteggiamento analogo si ebbe nei confronti delle accese polemiche nate in occasione della pubblicazione dell’Enciclica Humanae Vitae. Siamo nel 1968. La Chiesa dichiara moralmente illecita la contraccezione. Anche in questo caso invece di entrare nella dialettica “pro” e “contro” si preferì seguire la via della formazione, per dotare le coppie degli strumenti necessari per regolare la propria fecondità. Il principio ispiratore: suscitare convinzioni e offrire aiuti concreti. Si avviarono in grande i Corsi di formazione di istruttrici dei metodi naturali, con l’aiuto della dott.sa Cappello, amica dei coniugi Billings (per molti anni operatrice della diffusione di questi metodi in India e Pakhistan), e poi con i coniugi Dedé di Milano. I corsi ebbero un grande successo e per molti anni prepararono le istruttrici di tutto il Piemonte, permettendo così di diffondere capillarmente il metodo sintotermico come strumento valido per gestire in modo umano la propria vita sessuale.

Educazione sessuale

Nel 1966 si apre il clamoroso processo della “Zanzara”, il giornale studentesco del liceo milanese Parini, che aveva promosso una inchiesta sul comportamento sessuale degli studenti. È l’inizio in Italia della “rivoluzione sessuale” che si espande a macchia d’olio tra gli studenti, ma invade poco alla volta tutte le classi sociali. Entrano in circolazione le opere di Wilhelmh Reich, “La rivoluzione sessuale”, e di Herbert Marcuse, “Eros e civiltà”, “L’uomo a una dimensione” che diventano i testi più diffusi tra i giovani per tutto il tempo della contestazione. Ma ancor più diffusi erano gli opuscoli di Lupo Alberto con i quali si insegnava come usare il sesso senza contrarre l’Aids, e del medico francese François Carpentier “Facciamo l’amore” indirizzato a tutti i giovani che desideravano vivere liberamente la propria sessualità senza tabù e limitazioni e senza avere la spiacevole conseguenza della gravidanza. Più tardi la Chiesa interverrà con molti documenti e in tempi diversi, tra i quali ricordiamo “Persona umana, questioni di etica sessuale” (1975); “Orientamenti educativi sull’amore umano” (1983); “Sessualità umana: verità e significato” (2002).
Si affermava sempre più il bisogno di una seria e sistematica operazione di educazione sessuale nella scuola e in famiglia. Anche noi - fedeli al principio che le polemiche servono a poco e che dopo le rivoluzioni è necessaria un’opera di ricostruzione – abbiamo fatto la scelta della formazione, e abbiamo lanciato la proposta di un Corso di educazione sessuale rivolto agli insegnanti e agli educatori. Il Ministro della Pubblica Istruzione autorizzò il Corso (1971), conferendo mezzo punto (oggi si parla di ‘crediti’, allora di ‘punti’) agli insegnanti che l’avessero frequentato. La risposta fu superiore ad ogni previsione. Circa 570 insegnanti e educatori si iscrissero, e le lezioni si svolsero nell’aula Magna dell’Università, in via Po. Nel contempo con l’aiuto di medici e del pittore Alessandri venne preparato il sussidio di 10 tavole anatomofisiologiche (1971), edite da Marietti, come strumento da utilizzare per le scuole. Ma l’intento era quello di evitare di ridurre l’educazione sessuale al solo aspetto fisiologico, mettendo in luce gli aspetti psicologici, morali, sociali di questo dono di cui la persona dispone per costruire relazioni Questi corsi continuarono per molti anni e vennero arricchiti da una nuova proposta: la formazione di équipe composte da medico, psicologo, sociologo, moralista che si mettevano a disposizione delle scuole per svolgere una attività di educazione sessuale per gli alunni. Poi maturò l’idea di proporre questo corso alle persone consacrate, sacerdoti, religiosi, religiose, e con timore e prudenza lo proponemmo. La partecipazione fu buona.

I Gruppi: Dinamica di coppia e Revisione di vita sulla parola di Dio

Il passaggio dal fidanzamento al matrimonio apre inevitabilmente nuovi scenari e nuovi interrogativi. Molti giovani dopo il serio percorso di formazione come fidanzati sentivano il bisogno di continuare con incontri successivi che permettessero loro di mettere in pratica quanto avevano maturato durante la preparazione al matrimonio, quando si trattava di affrontare e risolvere i problemi nuovi che nascevano nei primi tempi della vita matrimoniale. Sentivano il bisogno di confrontarsi tra loro e con qualche esperto, specialmente con i professionisti con i quali avevano fatto il cammino di formazione nel corso per fidanzati. Iniziarono così nel 1976 i Gruppi di riflessione che diedero poi origine a due filoni di gruppi di formazione permanente: i gruppi di dinamica di coppia guidati da psicologi, e i gruppi di revisione di vita sulla parola di Dio guidati da un sacerdote, entrambi a cadenza mensile.

Parto dolce, corsi di preparazione della coppia al parto, massaggio al neonato

È proprio vero che da cosa nasce cosa. I fidanzati si sposano e diventano fecondi. L’arrivo del primo figlio genera sempre molti problemi e molti non hanno neppure la possibilità di essere aiutati dai genitori per lontananza dalla famiglia d’origine (l’immigrazione interna era sempre diffusa), o ritengono di non dover cercare l’aiuto nella famiglia d’origine. Ecco perché il Centro vide la necessità di organizzare i Corsi di preparazione al parto (1976), proposti non alla sola donna, ma alla coppia, perché anche gravidanza e parto sono eventi non esclusivamente della donna, ma della coppia. Per questo il corso venne proposto col titolo: “Nascere insieme”. Questi corsi furono poi completati da Incontri sull’allattamento al seno (era il tempo in cui si contestava anche la prassi dell’allattamento al seno), e da incontri di massaggio al neonato. E come nei corsi per i fidanzati si introdussero alcuni incontri per i genitori dei fidanzati perché il matrimonio è un evento non dei soli figli, ma di tutta la famiglia, così nel corso al parto si invitarono i futuri nonni, perché “nonni non si nasce, ma si diventa”, e quindi ci si deve preparare come i figli si preparano a diventare genitori.
Ma prima dei corsi di preparazione della coppia al parto, con l’interessamento di ginecologi e ostetriche si organizzano i Corsi per il parto dolce (1975), o parto senza violenza, importati dalla Francia, secondo il metodo di Federico Leboyer. Cos’è? È l’uovo di Colombo. Dopo il concepimento il figlio si annida e si sviluppa nell’utero della mamma, un ambiente protetto che gli crea intorno il luogo ottimale per la sua crescita e il suo sviluppo, custodito dalla presenza del padre che con la mamma gli ha dato vita. Poi viene fatto nascere nella sale del parto, tra estranei, in un ambiente pieno di luci e di rumori che sono l’esatto contrario dell’ambiente ovattato in cui fino a quel momento era vissuto. Perché non creargli intorno un ambiente simile a quello dell’utero (luci soffuse, voci sussurrate), con l’assistenza del ginecologo, ma soprattutto con la presenza del padre che - debitamente istruito – assiste e aiuta la moglie nel parto, come era stato presente nel momento del concepimento e della gravidanza? Il figlio nasce dalla coppia, nella coppia, in un ambiente che rispetta la sua venuta nel mondo. È veramente l’uovo di Colombo. È la premessa importante per mettere subito il padre in condizione di sentirsi coinvolto nella cura del figlio fin dal momento della sua nascita, per cui il figlio non diventa un problema, ma fonte di unione ancor più profonda tra l’uomo e la donna che lo hanno generato insieme, lo fanno nascere insieme e insieme lo educano.

Corsi per genitori

Come per la gravidanza e il parto, anche per l’educazione dei figli molti genitori erano e si sentivano soli. E avvertivano la loro inadeguatezza per gestire il difficile compito di genitore. Anche perché sull’educazione nascevano teorie nuove che si affermavano e si smentivano nel giro di poco tempo, come avvenne per le idee diffusissime del dottor Spock, prima osannate e poi da egli stessi ritrattate. Perchè non rispondere alla richiesta di incontri per aiutare queste giovani coppie nel mestiere più difficile che esista, quello di formare delle persone dopo averle generate? Ecco allora i Corsi per genitori (1973), che nel tempo si differenziarono secondo l’età dei figli: 0-6 anni; 6-12; adolescenti (l’età del trapezio).
Né si trascurò anche la richiesta di formazione da parte delle famiglie adottive, per prepararsi all’adozione e per essere aiutate nei momenti di difficoltà nella relazione con il figlio adottato.
Non possiamo dimenticare che in quel tempo si allarga la contestazione di ogni forma di autorità, compresa quella del padre (la cosiddetta morte del padre), e si discute sul significato e sulle conseguenze dell’assenza del padre e sugli interrogativi che nascono sempre più insistenti riguardo alla necessità di ripensare l’importanza della sua presenza nella vita della famiglia e nella vita dei figli. Per questo venne organizzato un incontro/dibattito per gli educatori sulla figura e il ruolo del padre, tra morte e nostalgia.
L’iniziativa dei corsi per genitori venne poi estesa, in tempi più recenti, a nuove situazioni generate dal divorzio: come gestire la genitorialità nella famiglia allargata e ricostituita? E ancora (naturalmente con il consenso di entrambi i genitori separati): come aiutare non i genitori, ma i figli a gestire la propria situazione di figli di separati, di divorziati, di divorziati risposati?
Sono iniziative ancora in fase di gestazione, perché se tanto è il bisogno di essere aiutati in questi momenti della vita, non è altrettanto grande la percezione che è necessario mettersi in discussione e cercare vie nuove per riorganizzare la propria vita e la vita con i figli.
Per ora ci fermiamo. Riprenderemo la storia nel prossimo numero per cercare di capire cosa ha fatto il nostro Punto Familia nelle complesse vicende storico-culturali che hanno contrassegnato la sua nascita e il suo sviluppo.

1. Continua

Letto 183712 volte Ultima modifica il Mercoledì, 15 Gennaio 2014 16:59

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